Concilio universale della Chiesa
cattolica svoltosi a Trento dal 15 marzo 1545 al 4 dicembre 1563. Il
C.
di T. si inserisce nel quadro di quel più ampio fenomeno
storico che va sotto il nome di Controriforma (V.)
e che identifica la lotta della Chiesa cattolica contro la diffusione della
Riforma protestante. In questo senso, esso fu riunito col duplice scopo di
ricomporre la frattura con i protestanti e di riformare la vita del clero, anche
se, poi, sin dall'atto della sua convocazione (bolla papale
Laetare
Hierusalem, 19 novembre 1544), si concretizzò in un'operazione di
definizione dogmatica, che riproduceva a livello ideologico il tentativo di
Carlo V di risolvere sul piano politico-militare la lotta contro le forze
riformate. La storia del
C.
di T. può essere suddivisa in
tre periodi: 1545-47 a Trento; 1547-49 a Bologna; 1551-63 ancora a Trento, dopo
una sospensione di due anni e con una lunga interruzione dal 1552 al 1562. La
sede del concilio non fu scelta a caso: optando per Trento, si riusciva a venire
incontro sia alla volontà di papa Paolo III di far svolgere il concilio
in Italia sia alla richiesta protestante che la sede rientrasse, comunque, sotto
la giurisdizione imperiale. Legati pontifici erano i cardinali Giovanni Maria
Del Monte, Marcello Cervini e Reginald Pole; oltre a costoro, alla data di
apertura dei lavori erano presenti l'arcivescovo di Trento, altri 25 tra vescovi
e arcivescovi e cinque generali di ordini religiosi; assenti erano, invece, i
protestanti. L'inizio effettivo del
C.
di T. non si ebbe prima del
13 dicembre 1545, allorché fu posto in discussione se dovesse avere
priorità la questione della controversia dogmatica o quella della riforma
della Chiesa; si decise, infine (22 gennaio 1546), che le due questioni dovevano
essere trattate contemporaneamente. Una delle più importanti
deliberazioni fu presa già nella IV sessione (8 aprile 1546), con la
fissazione della Sacra Scrittura e della tradizione patristica quali fonti della
Rivelazione, contro la tesi luterana della
sola Scriptura; poco dopo,
nella V sessione (17 giugno 1546), mentre il numero dei partecipanti andava via
via aumentando, furono precisati i doveri dei parroci a riguardo dell'assistenza
ai fedeli e della predicazione della Sacra Scrittura. Nei sei mesi successivi,
la discussione si concentrò su uno dei punti nodali del Luteranesimo, la
giustificazione per sola fede; il decreto della VI sessione (13 gennaio 1547)
condannò tale dottrina, affermando che il processo di giustificazione
prende avvio dalla fede, che è elargita gratuitamente da Dio e che
è condizione necessaria (ma non sufficiente) per raggiungere la salvezza.
Dopo che la VII sessione ebbe determinato l'essenza (
ex opere operato,
cioè per il solo fatto di essere stati amministrati) e il numero (sette)
dei Sacramenti, scoppiò un'epidemia di febbri maligne che offrì il
pretesto per spostare il Concilio a Bologna (11 marzo 1547), in modo da
sottrarlo alle pressioni imperiali; 14 prelati di nomina imperiale rifiutarono
il trasferimento e rimasero a Trento (ciò spinse Paolo III a vietare
formalmente l'approvazione di altri decreti e a sospendere i lavori conciliari -
settembre 1549). La salita al soglio pontificio di Giulio III (novembre 1549)
consentì, nell'arco di qualche tempo, la ripresa del Concilio a Trento
(1° maggio 1551); poterono così essere approvati i decreti
riguardanti la presenza reale di Cristo nell'Eucarestia (11 ottobre 1551) e la
confessione auricolare contro Zwingli, Lutero ed Ecolampadio (25 novembre 1551).
Il numero dei partecipanti prese in quel periodo ad aumentare considerevolmente;
per la XV sessione (25 gennaio 1552) fecero la loro apparizione anche i
protestanti, che, però, abbandonarono presto il concilio, essendosi viste
respinte le richieste di annullare i provvedimenti fino ad allora approvati.
L'alleanza con il re di Francia Enrico III contro l'imperatore aveva, nel
frattempo, ridato vigore all'offensiva delle forze riformate; fu, allora, deciso
(XVI sessione, 28 aprile 1552) la sospensione temporanea del
C.
di
T. Tale sospensione si protrasse, però, per quasi dieci anni, solo in
parte a causa dell'intransigenza del nuovo pontefice Paolo IV (papa dal 1555),
che riteneva che la riforma della Chiesa dovesse essere elaborata al di fuori
del concilio e solo in un secondo tempo dovesse essere a questo sottoposta per
la ratifica. In effetti, ciò che rendeva meno urgenti (se non addirittura
superate) le ragioni che avevano suggerito la convocazione del
C.
di
T. era la mutata congiuntura politica; la Pacificazione di Augusta (1555)
aveva ormai sancito l'impossibilità di una ricomposizione della frattura
tra Cattolicesimo e Protestantesimo. Fu, infine, la violenta diffusione del
Calvinismo in Francia a consigliare a Pio IV, che era succeduto nel 1559 a Paolo
IV, la ripresa dei lavori conciliari (18 gennaio 1562); in quest'ultima fase,
vennero approvati importanti decreti, quali quello della XVIII sessione (26
febbraio 1562) che precisava l'
Index librorum prohibitorum (introdotto
tre anni prima da Paolo IV), quello della XXI sessione (16 luglio 1562) che
specificava l'uso dell'Eucarestia e quello della XXII sessione (17 settembre
1562) che determinava natura e significato della Messa. Non mancarono in quel
periodo motivi di contrasto, specialmente tra Francesi e Spagnoli, orientati
verso una concezione gallicana della Chiesa, e gli altri padri del Concilio,
decisi assertori del primato del pontefice; il cardinale Morone condusse,
però, un'abile opera di mediazione, grazie alla quale poterono essere
approvati una serie di provvedimenti sull'ordinamento delle diocesi, sulle
nomine dei vescovi e sull'organizzazione dei sinodi. Voci di una grave malattia
del papa accelerarono la conclusione dei lavori; nella XXV sessione furono
così definite le tesi cattoliche circa il purgatorio, le indulgenze e il
culto dei santi e delle reliquie, nonché ulteriori regole sui religiosi e
sui cardinali e il 4 dicembre 1563 poterono essere firmati gli atti che
decretavano la chiusura ufficiale del
C.
di T.